L’istinto animale riconosce a fiuto l’odore della paura


palude

Risuona una storia nella mente,

due donne scomparse in questo desolato luogo, due omicidi misteriosi, un passato da mettere sotto una lapide senza nome, e una cittadina chiusa all’esterno, nutrendosi solo dei suoi segreti; portati nella tomba insieme ai testimoni. Si raccontava di fuochi che illuminavano i boschi, nelle sere di luna piena, su piccoli isolotti scampati all’uragano, dove l’acqua non era riuscita ad arrivare… Sono sola nell’umida realtà di questa terra, persa senza bussola nella mente, la nebbia e la foschia si muovono con l’aria dei vagiti dell’oscuro, disegnano ombre spettrali e avanzando a fatica, affondo i piedi in questa  palude appena nata, dall’incursione degli elementi. Forse, sotto questa massa liquida, sotto la sua terra, i segreti cercano la via per emergere e sfuggire alla loro dimenticanza. Il mistero è droga dello spirito, l’orecchio puntato della coscienza, afferra i concetti per comprendere e poi riuscire a vedere oltre l’amo, che nasconde l’esca. In fondo alla culla del silenzio, l’occhio che scorge l’immateriale è aperto, vigilando sulla rinascita dell’anima, per salire di un gradino verso il cielo. I cattivi pensieri mi prendono la mano, in questa oscura selva, nemmeno i serpenti strisciano di notte, qui il dedalo di radici e fango mortale ti ingoia, scomparendo, divenendo parte del suo ciclo vitale, nutrendo l’orrore nascosto all’innocenza umana. La pioggia si insinua nei vestiti, inzuppando pensieri disconnessi dalla logica affogo, in questa selvaggia dimensione tutto è improvviso; inattesi pericoli crescono come muffe velenose, infondendomi visioni che mi parlano, evaporando tra i sospiri, incarnandosi ai miei ricordi, ai volti a me cari, e ghigni di sadica cattiveria sorridono dagli incubi della memoria. Scampata alla caduta di un ramo marcito, sento scricchiolare la vita, che scrolla le spalle della morte, liberandosi da quel peso, per giungere più in fretta alla vetta del sole, scaldandosi la corteccia, cullando nell’aria pulita piumaggi arruffati. La luna ha un colore bluastro mentre corre dietro la coda dell’occhio, sorpassata da nubi veloci apparse dal nulla… Ogni tanto, dalla foschia appare uno spazio dove posso scorgere le stelle, dandomi l’impressione di camminare dietro un vetro appannato. Desidero uscire da questo labirinto e non impazzire prima dell’alba. I capelli  sono incollati alla testa, non c’è vento che possa portarmi un po d’aria fresca, e questo malsano acquitrino non fa altro che aumentare il mio fiato corto… Come un proiettile, un ramo mi  si scaglia contro, ferendomi il polpaccio destro, ed impossessata  dal terrore di attirare animali selvatici, innesto  quel meccanismo, che contribuirà a trasformarmi e fare di me la preda perfetta. Fiutando il mio sangue e la paura mista al suo colore. Mi brucia questa ferita aperta, e per di più ho il tremendo sospetto d’essere seguita, anche se dispersa e spero  in un aiuto ,questo non mi conforta, non è di certo un amico chi fa la stessa strada senza saluto. Sono un facile bersaglio, indifesa cerco di rammentare tutto quello che ho letto sulla sopravvivenza, cercando soluzioni adatte al caso, non mi viene in mente nulla, e qualcuno ha spezzato un arbusto.. Come carta stritolata tra le mani, il suo fragore è inconfondibile alla mia sinistra, mi fermo per un attimo e immediatamente cerco di saltare dalla parte opposta. La viscida verdura mi sbava sulla faccia, bene ora non vedo quasi nulla, mentre come un desiderio non ancora espresso che  si avvera, e il vento del sud apre questo velo, vedo chiaro il cielo di una notte stellata nel ghiaccio del cosmo. Sento passi nell’acqua, oramai allo scoperto si presenta la presenza percepita. Il mio cuore è uscito di senno, batte nello stomaco e fa scoppiare le tempie, tremori mi impediscono il controllo delle azioni, all’estremo delle forze mi arrampico su un piccolo albero… Riesco a stare in piedi sul mio rifugio traballante, scorgo chiaramente il bagliore di un grande fuoco e le velenose ciminiere che appestano l’aria, e un cane scodinzolante abbaia a pochi metri da me, abbaia di nuovo e poi con cautela si avvicina , attirando la gente di quell’inusuale accampamento. E’ la notte dei morti che tornano alla terra e streghe nei boschi danzano sulle lingue dei fuochi. Sono salva! Tra zucche sorridenti ora conosco il potere degli unguenti e delle erbe mediche,  vite oniriche ripetono la loro storia, spettri del passato nella mia memoria. Le sorelle mi abbracciano nell’ultimo canto sacrale, torno alla realtà.. Mi accorgo con grande sorpresa che,attaccata alla caviglia poco sotto la ferita, c’è l’impronta di una mano insanguinata, stampata sulla mia pelle…

Immacolata_Chessa

Pubblicato il: 4 novembre 2013 @ 15:40